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Denis BocquetWritten by: Città e Territorio

Singapore: casinò, resort, gated communities: come diventare Las Vegas senza perdere l’anima

Singapore: casinò, resort, gated communities: come diventare Las Vegas  senza perdere l’anima

Singapore. Con l’apertura, quasi due anni fa, del casinò di Marina Bay, Singapore è diventata il laboratorio di una nuova forma di rapporto tra pianificazione pubblica e iniziativa privata. La posta in gioco è niente meno che la preservazione, al tempo dei mega-resort, dei caratteri d’urbanità che avevano decretato il successo della città sud-est asiatica. Come far sì che la costruzione d’interi quartieri dedicati all’entertainment, i cui redditi sono visti come preziosa fonte di diversificazione economica, non diventi un fattore di distruzione della convivialità urbana, nutrita finora dal mix degli usi e dall’incrocio dei flussi.
Con Marina Bay Sands, in altre parole, Singapore tenta di diventare una nuova Las Vegas senza perdere l’anima. Cruciale nel successo della scommessa, la pianificazione degli spazi pubblici: nella fattispecie, soprattutto la passeggiata attorno alla baia (trasformata dalla costruzione della diga in un immenso serbatoio d’acqua dolce) e del collegamento dei resort con la rete dei trasporti pubblici. E i primi segni sono incoraggianti: Marina Bay sembra non limitarsi a essere un’enclave per giocatori e crocieristi e dà segni positivi di vita urbana.
Lo stesso problema si pone, stavolta presso il porto, nel caso della marina di Keppel Bay: come approfittare dell’afflusso d’investimenti nel settore dell’edilizia di lusso senza rompere gli equilibri in una città che ha sempre curato le sue politiche sociali, spaziali e paesaggistiche? Le gated communities per milionari, spesso stranieri non residenti (sopratutto cinesi, malesi, indiani e indonesiani), rischiano in effetti di creare altre enclave, oltre che di restare semivuote e senza vera vita sociale, quando si sa che oltre il 40% degli appartamenti viene comprato da non residenti.
In questo senso, l’inaugurazione di Reflections at Keppel Bay, firmato Daniel Libeskind per il gruppo Keppel e avvenuta il 22 marzo, appare come qualcosa in più che il puro esercizio di stile da parte di un architetto convocato per dare la sua immagine a una pura operazione di marketing immobiliare. Certo Reflections non è altro in fondo che una nuova gated community di grande lusso: 6 torri, da 24 a 41 piani, collegate a due a due da terrazze-giardini, diversi edifici più bassi, distribuiti nel verde tropicale tra piscina e area giochi, 1.129 appartamenti, prezzi da 3 a circa 5 milioni di euro, viste meravigliose sullo stretto. Ma l’intervento indica anche, grazie alle richieste dei pianificatori pubblici, una risposta al rischio di segmentazione urbana: lo spazio pubblico e i suoi usi socialmente diversificati vengono preservati, malgrado la chiusura del complesso, grazie alla costruzione di una larga passeggiata lungo il mare, così come grazie al collegamento funzionale con il resto della marina e il terminal di Vivocity. E, come una risposta alla prodezza un po’ massiccia del Marina Bay Sand e al suo giardino sospeso, Reflections at Keppel Bay segna ora la skyline di Singapore con le sue torri ondeggianti, la cui eleganza è il primo contatto visivo con la città per chi arriva dal mare.

Ha anche il suo Emscher Park per s-cementificarsi
imbolo della volontà del Public Utilities Board di Singapore di far convergere le sue priorità nella gestione dell’acqua e nelle esigenze del rinnovo urbano, sempre in marzo è stato inaugurato il parco di Bishan, totalmente ripensato dall’Atelier Dreisetl (Überlingen/Singapore, in collaborazione con CH2M Hill Engineering) intorno all’idea di far rinascere il Ballang River, finora canalizzato. Una vera e propria operazione di «reverse engineering» nel rapporto tra città e natura: ricreare le condizioni di vita naturale all’interno d’uno spazio finora altamente cementificato. Il progetto, costato circa 40 milioni di euro, ha compreso il rispristino del percorso del fiume su 3 km e la trasformazione del parco (62 ettari) in zona naturale; il tutto nell’ambito del programma «Active Beautyful Clean Waters (ABC Waters)». E il calcestruzzo dell’antico canale è stato riusato per realizzare la collina di Recycle Hill.
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Autore

  • Denis Bocquet

    Nato nel 1970 a Grenoble, ha studiato a partire dal 1990 presso l'Ecole normale supérieure di Fontenay Saint Cloud, si è laureato nel 1992 alla Sorbona e ha poi conseguito il dottorato di ricerca. È docente ordinario di Storia e teoria dell'architettura e dell'urbanistica presso l'Ecole nationale supérieure d'architecture di Strasburgo. Ha vissuto e insegnato a Firenze, Roma, Aix-en-Provence, Dresda, Tours e Parigi. Scrive per «Il Giornale dell'Architettura» sin dalla nascita della testata, nel 2002. Dal 2004 vive a Berlino.

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Last modified: 18 Luglio 2015